Antonia Zecchinato | Antonia Zecchinato. Quando l’architettura si veste di seta
Di Giovanna Grossato in “AREA ARTE”, 2012: "Anche la storia dell’arte… è un cibo di cui si nutrono le sculture in stoffa…"
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Antonia Zecchinato.
Quando l’architettura si veste di seta

Di Giovanna Grossato
da “AREA ARTE”, 2012

Difficile non vedere già di primo acchito nei lavori di Antonia Zecchinato l’anima dell’architetto, non solo nella sintesi progettuale ma soprattutto nella ricerca di soluzioni formali e strutturali.

La forma mentis di chi pensa al procedimento costruttivo in ogni sua fase è presente in tutto il suo lavoro che si presenta così nitidamente definito eppure suscettibile di curiosità relative al come sia stato eseguito.

Quel che c’è di “femminile” inteso come ricongiungimento alle pratiche della tessitura e del cucito (ammesso che si possano considerare intrinsecamente femminili prassi che appartengono fin dall’alba della civiltà a tutte le culture umane e di cui esistono oggi prove di eccellenza maschile tra i maggiori brand internazionali del tessuto e della moda) è la strategia esecutiva. L’impegno che rende fattibili e possibili le complessità e le criticità della situazione. La capacità, questa sì tutta femminile, di porre uguale ed appassionata attenzione a cento diversi problemi sulla soluzione dei quali converge la riuscita, completa e senza sbavature, di un progetto.

Anche la ricerca cromatica, ottenuta con un’accurata e competente selezione dei materiali, sulla loro compatibilità e coesione, sulla ricerca di complicità che, nonostante tutto, è possibile ottenere dai fili separati (che separati restano) e sono ben diversi dai pigmenti mischiati da un pennello, anche questa attiene all’architettura e all’ingegneria che, come dice la parola, s’ingegna ad immaginare un modello mentale che poi, nella realtà, deve essere in grado di funzionare: di reggersi e di reggere, di opporsi alle forze del vento, alle ingiurie del tempo, alle rivalse della natura.

Anche la storia dell’arte nel suo metabolismo lento e lontano è un cibo di cui si nutrono le sculture in stoffa di Antonia Zecchinato. Il cielo nel pozzo (2006) offre in tal senso un duplice richiamo: alle geometrie severe della prima maniera “secca “ del Rinascimento centroitaliano, quanto alla più audace e fantasiosa prospettiva dell’oculo dipinto da Andrea Mantegna al centro del soffitto di una delle stanze del castello di San Giorgio dei Gonzaga a Mantova. Qui, nello scorcio ardito da sotto in su contro lo sfondo del cielo, si vedono, tra i puttini alati, un pavone e la padrona di casa con le sue dame; in quello di Antonia Zecchinato il cercine si trasforma in una vera da pozzo in cui si riflette il cielo e dove dello svolazzare degli amorini non resta aggrappato che il fremito di piccole ali.

L’Oriente e la tradizione marina, anche questo retaggio del territorio veneto, forniscono spunti e danno origine a complesse regìe dell’Artista: Nautilus ermetico (2006), intreccia, letteralmente, suggestioni orientali, ori preziosi e stoffe esotiche che hanno viaggiato dalla Cina a Venezia in un’osmosi fatale e quasi ineludibile, mentre il mare offre, anche lui, il suo tributo di bellezza attraverso il colore che la seta bagna con riflessi cangianti. Il mare, del resto, è protagonista in altre opere, come Sul filo dell’onda (1999) in cui sulla battigia azzurra si infrangono le creste rosse dei flutti al tramonto.

Antonia Zecchinato, dopo la formazione universitaria allo IUAV di Venezia, alla fine degli anni Settanta dirotta la sua ricerca architettonica verso questo particolarissimo tema del costruire, ottenendo numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali tra cui l’invito ad esporre a Venezia, per tre anni consecutivi, alla Fondazione Bevilacqua La Masa e, nel 1985 al Padiglione Italia della terza Biennale Internazionale di Architettura. Il bilico sottile tra scultura e design, la vedono presente con le sue opere in numerose prestigiose esposizioni di entrambi i settori fin dalla metà degli anni Novanta: XVI Mostra internazionale del bronzetto e piccola scultura a Padova (1995), Prima Biennale d’arte tessile di Chieri (1998), Miniartextil di Como (dal 1992 al 1998, 2001), Miniaturtextil Biennale di Szombathely in Ungheria (1996), Small Pieces For Europe a Manchester, Cardiff, Barcellona, Parigi, Kiev (dal 1997 al 1999), 1 International Flag Triennial di Szombathely in Ungheria (2003), 12 International Triennial of Tapestry di Lodz in Polonia (2007), 5 International Exhibition Healing nel parco del Norton Priory Museum di Runcorn in Inghilterra (2008), 25 International Textile Art a Graz in Austria (2009).

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